Malatesta e Merlino: “Anarchismo e democrazia”

Dal 29 gennaio 1897 al 13 gennaio 1898 si svolse tra due grandi protagonisti della stagione della sezione italiana della Prima Associazione Internazionale dei Lavoratori una polemica sulla partecipazione o meno del movimento operaio e socialista alle elezioni, quindi più in generale sul giudizio relativo alla democrazia delegata di tipo parlamentare dal punto di vista di una trasformazione radicale dello stato presente delle cose in direzione di una società politicamente e socialmente egualitaria. La polemica partì con una dichiarazione di Merlino, che ancora si definiva anarchico, a favore della partecipazione alla lotta elettorale in favore del partito socialista e della candidatura di Luigi Galleani nel distretto elettorale di Roma, proseguì con un botta e risposta molto serrato, dove ad un certo punto Merlino dichiara di abbandonare l’anarchismo non per entrare nel Partito Socialista ad orientamento marxista o socialdemocratico ma per cercare una terza via, quella di un “socialismo libertario”.

Un errore grave che si commette nel voler precisare determinate idee politiche, religiose, scientifiche, ecc. è quello di confrontarle con posizioni molto distanti da esse: il rischio è quello di banalizzare il pensiero in questione, giungendolo a caratterizzare con degli elementi che, in realtà, sono comuni a molte altre e diverse concezioni. Ad esempio, quasi sempre si banalizza fortemente la scienza sperimentale moderna mettendo a confronto Galileo ed Aristotele, invece che, per esempio, Galileo ed Archimede: così facendo spesso si finisce per attribuire come caratteristiche peculiari della scienza moderna aspetti (ad esempio l’osservazione, l’uso della matematica, le ipotesi esplicativo-causali, ecc.) che, invece, erano presenti anche nella scienza antica.

Proprio qui sta l’interesse ancora oggi della polemica tra Malatesta e Merlino, a più di un secolo da essa: Malatesta sta ragionando con un compagno che, pur non essendo più anarchico,[1] è comunque quanto di più prossimo si possa immaginare alle sue posizioni, pertanto nella polemica è costretto ad affinare e precisare con attenzione i capisaldi del pensiero dell’anarchismo comunista e sociale, facendolo poi con quello stile allo stesso tempo profondo e di semplice lettura che lo contraddistingue. Cominciamo, allora, un po’ paradossalmente dalle ultimissime battute della polemica, a cura di Malatesta:

Nella sua conferenza di Domenica a Roma, Merlino avrebbe, secondo il resoconto dell’Avanti!, combattuto gli anarchici liberisti assoluti (ecco ancora degli appellativi di sapore equivoco) ‘perché col loro sistema i prepotenti avrebbero modo di schiacciare i più deboli ed i più docili’. Dunque Merlino per mettere un freno ai prepotenti vorrebbe… mandarli al potere! Od egli crede che al potere vi andrebbero i più deboli ed i più docili?”[p. 140]

Qui Malatesta coglie e smonta l’ultimo baluardo ideologico a favore di un ruolo positivo, nei confronti della grande maggioranza degli esseri umani dominati, di una classe politica dominante, del potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Di fronte all’esperienza storica e presente dei disastri compiuti da qualunque potere, l’idea di origine hobbesiana che, almeno, la centralizzazione di esso eliminerebbe la massa dei piccoli e medi prepotenti si fa spesso avanti. Malatesta allora fa notare un aspetto banale: se è presente il potere politico, esecutivo e giudiziario la prima idea dei “prepotenti” sarà quello di conquistarlo e, come è nell’esperienza storica, una volta conquistato dai più forti, questi utilizzeranno a sostegno di esso i piccoli e medi “prepotenti”, gratificandoli socialmente in vario modo, comunque non difendendo certo i deboli dalle loro angherie se non in casi particolari. In pratica, il potere è, per definizione, il potere dei “prepotenti” e ciò è storicamente sempre risultato vero, dalle monarchie egizie ed assiro-babilonesi fino ai giorni nostri, passando per le sedicenti “dittature del proletariato”.

Torniamo però all’inizio della polemica e diamo la parola a Merlino. Malatesta gli ha fatto notare che la lotta elettorale porta con sé inevitabilmente un notevole livello di corruzione dei partiti e che, alla lunga, trasformerà in peggio i movimenti meglio ed onestamente motivati, allora lui afferma testualmente:

Mi si dirà: questi cui avete accennato sono i vantaggio della lotta elettorale. Ad essi si contrappongono danni di gran lunga maggiori: la corruzione, le ambizioni, le ambizioni, i compromessi (…) l’ambizione può essere utile perché non tutti gli uomini che lottano per un’idea son mossi ad agire dalla pura convinzione della giustizia della loro causa. Molti eroi delle passate rivoluzioni furono spinti al sacrificio dal desiderio di far parlare di sé, da gelosia, da angustie finanziarie in cui versavano (…). In talune località il Partito Socialista è sorto perché taluni vi hanno scorto un mezzo al Consiglio Comunale od al Parlamento. Meglio che sia sorto così che non sorgesse affatto. Man mano si verrà depurando; perché la forza del socialismo sta in ciò, che esso risponde ai grandi interessi della grande maggioranza del popolo e, quando questa si fa innanzi, le ambizioni e le vanità individuali devono cedere e scomparire.” [pp. 23-24, corsivi nostri]

Verrebbe la tentazione di liquidare sbrigativamente queste affermazioni con una critica del genere “le Ultime Parole Famose”. In realtà, però, in periodi elettorali come questi, determinati movimenti d’opposizione radicale che hanno finora magari praticato l’astensione ed hanno ben presente l’esperienza storica in merito, ritrovano all’improvviso la volontà di partecipare alla competizione elettorale, danno motivazioni molto simili, per non dire identiche, a quelle di Merlino sopra riportate ed a tutte le altre che la precedono e la seguono. Con una differenza però: Merlino poteva ancora davvero illudersi in buona fede, magari un po’ ingenuamente, dato che gli mancava la brutalità fattuale dell’esperienza storica che si è susseguita nei centoventi anni successivi fino ad oggi.

Si direbbe proprio che a determinati movimenti e singoli compagni manchi la coscienza malatestiana per cui “L’anarchia è, in un certo senso, il sistema scientifico sperimentale applicato all’arte del viver civile”,[p. 130] la quale, di là dell’adesione o meno alle idee dell’anarchismo sociale, dovrebbe comunque richiedere una maggiore umiltà nei confronti dell’empiria, dei dati brutali dell’esperienza. Come recita un antico proverbio arabo, “Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero.”

Di un’onestà simile ne sentiamo bisogno oggi come e più di ieri e riflessioni come questa di oltre cento anni fa – che qui abbiamo solo in piccola parte potuto accennare – possono davvero a servire per capire il presente e non solo sulla questione elettorale: più in generale sul rapporto dei movimenti di opposizione con il potere e smontare i meccanismi ideologici del dominio.

Enrico Voccia

NOTE

[1] Testimonianze orali da me raccolte ma, purtroppo, non documentate in anni passati parlavano di un riavvicinamento di Merlino alle posizioni strettamente anarchiche in tarda età. Il che potrebbe essere plausibile alla luce di varie delusioni in merito alle illusioni che aveva rispetto alla lotta elettorale e che documentiamo più avanti in quest’articolo.

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